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Cosa succederà alla ragazza

Tutte le pompe

Ecco i negozi

La metro eccetera

I sacchi della posta

Però il rinoceronte

Così gli dei sarebbero

Cosa farà di nuovo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Cosa succederà alla ragazza
(Battisti-Panella)

 

L'alba, la barba, la curva della gola,
rasoiate che sono orli di gonna.
La luce ha ancora sonno ma si da'
un tono da ostetrica che è urgente.
Apre gli occhi sul mondo partoriente
ed è a disposizione
l'alba, la barba, presa con le buone.
Offrire la gola al tocco leggero, l'alba
la lanolina candida
gli uccelli appostatissimi nell'aria,
come i chiodi senza quadri, alle pareti;
ed è ancora mattina.
I pesci pesci pesci i pori pori,
cosa succederà alla ragazza,
vede i pori
con le corna come i tori;
le corna curve sono due ferventi trafficanti a
bassa voce
sotto la croce, sotto la croce,
nel loro dialetto antico,
nel loro diletto pratico,
che la vogliono fare bollire,
che la vogliono suonare,
appesa al campanile.
Che la vogliono ricoprire di cioccolata,
che la vogliono servire in bocca,
ad una bocca sterminata di forno:
che cosa le tocca,
sentire che cosa.
Allora ricordarsi di fare delle pose
delle fotografie:
che possono sempre servire,
e non se ne parli più.
Gesù, Gesù
che non se ne parli più
Gesù, Gesù
ed è ancora mattina,
tutti sono pronti a bere qualcosa;
e poi si riprende fiato,
per fare le bolle acustiche.
Che la vogliono olio e limone;
che la vogliono aggiustare:
entriamo in un portone...
Che la vogliono un po' scoperta
per accertare;
che la vogliono nell'ascensore,
per implorarla da che piano a che piano,
acquetta, fuochino;
la gloria all'ottavo.
Che la vogliono ricoprire di cioccolata,
che la vogliono servire in bocca,
ad una bocca sterminata di forno:
che cosa le tocca,
sentire che cosa.

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Tutte le pompe
(Battisti-Panella)

 

Quando le ha chiesto conosci
il tale il tal dei tali Tizio Caio,
ti dico che ho sentito, dice,
ti dico che ho sentito tutto il rosso
del sangue partirsene col nero
dei corvi e le cornacchie sopra il giallo,
le macchie ondose e lente,
dei campi gialleggianti di frumento,
ha sentito come un gran rivoltamento,
e cateratte urbane e vigili del fuoco
e din don dan,
tutti i bicchieri straripare dai bar,
scoppiando in un cin cin,
di bei cristalli isterici
tutte le pompe, con l'acqua nelle vene,
si mettono a ballare,
e pioggiano di gioia.
Io ti vorrei incontrare però non lo vorrei.
Arriva lo schiumogeno e la gente,
sussulta di piacere è pronta a tutto,
a consumare lì sopra l'asfalto,
la scivolata delle relazioni;
lo sguazzo dell'ardire e dell'osare,
ed è da tanto tempo che volevo;
e dirmelo potevi dirlo prima:
o farmelo capire, o farmelo capire.
Le macchine rampando sulle ruote,
le gomme posteriori fanno un giro,
di piazza col pennacchio,
soffiato dai roventi radiatori;
lo struzzo, lo spauracchio,
il gongolo di gioia,
lo spruzzo e lo sbatacchio,
l'immensa scorciatoia,
per arrivare al sodo.
Una lady s'incendia un po' per sfizio,
e un po' per gaudio immenso anticipato.
E il suo marito in cravatta con la lingua,
diventa un calamaro così che non sfigura.
Marameo, marameo fanno i cupidi,
i frecciatori dal culetto nudo;
più fitti fitti più dei pipistrelli
nella notte stellata, che volano d'estate.
Però più belli, belli più bellini,
bianchi color del lilla gridellino;
ma non è notte è giorno:
magari è estate forse;
forse magari è estate,
cominciano le corse
tutti arrivando i primi:
i primi in una cosa,
una cosina dolce,
una cosina dolce.
Io ti vedrei davvero volentieri.
Volentieri davvero ti vedrei.

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Ecco i negozi
(Battisti-Panella)

 

Deve essere stata una costosa
distillazione la marea del mare,
il cielo è più professionale:
premedita se stesso.
Il tempo, questo tempo è inaffidabile,
vengono giù gelati, poi rane,
un giorno baci celebri, un altro giorno
eliche in funzione.
E come informazione,
si sente spesso chiedere,
dov'è che si sistemano le capocchie ai fiammiferi
Queste le uscite spicce,
celeri così come lei le intuisce,
che veloci inceneriscono se stesse,
avanti un'altra: così si va, a spasso si va.
Ecco i negozi
e non le sembra più di stare a casa,
ecco cammina nell'uno e l'altro senso,
non avendo al fianco chi l'accompagnerebbe
nelle minime e le massime escursioni.
Ecco i negozi
che ingoiano tutti i fracassi,
non affliggono né stomaco né cuore, eccola
qui dov'è la padrona del proprio giro vita,
del proprio girocollo, del proprio giro periplo del
[corpo.
E lo spazio non è quella questione,
ecco i negozi, si può tacere senza
dare il silenzio come spiegazione:
ecco qui, tra le creature scisse,
tra chi entra e chi esce,
c'è uno scambio
di temperature.
Si diventa termometri contraddittori,
si passa tra le cose sfuse e vaghe,
come tra lacci d'alghe di tante
maghe Circi annegatrici,
dimenticando e poi dimenticando;
così sei fortunata: hai trovato
esattamente quello che cercavi:
tre bravi di caienna, ovvero,
un forchettino per i ravanelli.
Così sei fortunata: hai trovato
il posto più esclusivo della storia,
le pagine in cui Antonio
con Cleopatra, si strapazzano
ancora, come otarie
dalle braccia ormai implicite nell'altro,
sopravvissuti ad ogni nave che s'inabissò.
Immersi in un tripudio misto seta,
in una negligenza e oblio di sciarpe,
ed è come non mai non stare a casa.

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La metro eccetera
(Battisti-Panella)

 

La metro dei riflessi,
gli sguardi verso il vetro,
gli appositi sostegni verticali,
le mani che fatali li discendono,
e quelli orizzontali, in alto i polsi e gli orologi
viaggiano da soli.
La metro, i seduti di fronte
sono semplicemente gli avanzati
dal viaggio precedente
che andava dove vanno
tutti i presentimenti, eccetera.
In un soffio di porta, fa' l'ingresso
la bella incatenata a testa alta;
invece i viaggiatori
sono entrati
col capo chino, e l'umiltà dei frati.
Bella incatenata dai sui stessi ormeggi:
la cinghia della borsa,
e stringhe mosce,
e fasce di camoscio e stratagemmi
dei morbidi tormenti d'organzino.
Si fa la trigonometria,
nei finestrini corrispondenti agli occhi alessandrini,
di lei che guarda fissa
un suo sussulto fuso nel vetro,
che le ricorda tanto un suo sussulto.
La metro piomba nella galleria,
come un eccetera eccetera,
che continua tremante veranda di lettura,
da un attico mittente, tutta giù a fendente.
E più di tutti
i giornali e i giornaletti
ha successo una scritta:
In caso di necessità
rompere il vetro,
e tutti i trasgressori saranno
eccetera.
La metro si avvicina
alla stazione prossima e rallenta.
I posti a sedere,
ad occhio e croce:
diciamo trentasei;
le scale sono mobili,
ma le pareti no,
e fermi i corridoi;
la folla passa e sale.
La metro accelera,
eccetera, eccetera,
e puntini di sospensione.

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I sacchi della posta
(Battisti-Panella)

 

Fiera, sommessa, repentina, breve
l'estensione variabile dei piedi,
l'andatura, l'adagio, lo svelto,
l'incedere e il procedere.
Poi le scarpe sono la precisa
espressione del viso,
andare passo passo, fare moto,
per correre e agitarsi molto poco
appena in tempo per
la messa cantata
un altro po'.
Ed il treno era partito,
svoltato l'angolo,
aggirato il monumento,
lungo le mura, rasente la barriera,
di sotto il porticato,
sfiorando la ringhiera,
la spalletta, la spalletta sul fiume.
Le scale, sulle scale, le scale,
da un sarto senza manica sinistra,
dall'ebanista discutendo se si possa
chiamare diceria, il capriccio
della cornice.
Perché non scende e uno,
perché non sale e due,
i sacchi della posta,
questa è l'ora,
quasi da soli saltano,
sugli sbarcatoi.
I quarti di buesse sanguinose,
soggiogano ragazzi incappucciati,
gli appuntamenti sono plateali:
vedi venirsi incontro due vocali.
I cagnolini vanno avanti al trotto,
i cani grossi hanno scontri di botto,
col non si sa che sia col non si sa.
I minutini, gli attimi, gli instanti
tengono a bada tutti tutti quanti,
ma le mezz'ore perse sono già funeste,
son teste emerse e rifugiate leste,
nelle finestre, nelle finestre.
A prima vista tutto è secondario,
poi le scarpe sono la precisa volontà del viso,
cominciano i miraggi: atti notori,
col nastrino in gola,
fanno i graziosi mentre fan la spola.
Patenti a fisarmonica, a soffietto
hanno da dire e da ridire su tutto,
licenze ancheggiatrici
fanno adescamento;
quindi i certificati sono
pellirossa tutti lustrati.
Arrivederci ed uno
a risentirci e due,
le parti per il corpo articolato,
si piegano, si snodano polpose,
e succulente e ossee e nervose.
Il ginocchio, il polso, l'anca, il pennone,
intorno al quale il muscolo fa vela;
lo zigomo, la tempia, il metatarso;
poi le scarpe,
con i lacci o senza;
la faccia, arrivederci arrivederci.

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Però il rinoceronte
(Battisti-Panella)

 

Se non si cuoce a fuoco lento
rimane cruda dentro.
Al dunque quando può le piace
sentirsi al centro dei carciofi tenerelli.
Cosa sa, cosa sa
che gli animali sono esseri scorrevoli;
però il rinoceronte ha il freno a mano,
l'amore è un gesto pazzo come rompere
una noce con il mento sopra il cuore,
e si dovrebbe vivere lontani
per essere creduti se si dice:
Qui è nato un disinganno mai allevato
e grosso come un bue,
mangiando poco,
e si dovrebbe vivere lontani e dire:
ho visto qual è il colmo
di me stessa,
sfilandomi un maglione sulla testa,
per ora si interessa all'infusione,
che dona brillantezza ai suoi capelli
e la parola chiave è rosmarino.
Il gusto si fa estivo a mezze maniche,
esaminando la Venere di Milo,
i riti i riti, ma che riti d'Egitto, tutto e`
fidanzamento
la colazione in tazza,
il pranzo, poi la cena e gli intermezzi,
basta non le si dica "Indovina chi sono"
e non te l'aspettavi ecco cose così
raggianti e tristi, cose di burro
in forma di conchiglia.
Sono io quella ragazza dice
puntando il dito come viene viene,
in uno sprazzo acrilico a colori
mimetici soltanto di se stessi,
e di un papero, a sbuffo accidentale,
contro un mazzo una messe di cielo,
o rosso mormorio di un acquitrino,
sono io quella ragazza,
infatti è lei.
Per lei un sovrano avrebbe rinunciato
a nascere, e un cammello si è lanciato
in una cruna d'ago, smascherando
l'acrobata di sabbia in sé sopito.
Sono io quella ragazza dice,
il giorno prima come il giorno dopo,
e il giorno in mezzo me lo metto al dito,
così sarà un anello e non un peso.
E per lei, qualche atleta contenzioso
si è battuto, smantellato da solo,
crollando coi talenti e i gusti intatti.
Sono io quella ragazza,
infatti è lei.

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Così gli dei sarebbero
(Battisti-Panella)

 

Le condizioni sono
atmosferiche comunque,
comunque meteorologiche,
e lei si è invaghita del bitume:
carbonio con idrogeno composto,
bollente ed odoroso, grasso in fusti,
colato e rimpastato, misto a scisti.
Così le salta in mente,
all'improvviso,
che esistono gli dei,
e dagli dei
proviene, per esempio, la numerosa serie dei profumi;
e lei se esistono gli dei sarebbe prediletta dal maestoso
ordigno in argentato, sovrumano
tubo di scappamento con solenni alucce
o pinne da raffreddamento.
E, cosa c'è da fare, vorrebbe lei
portare questa sera, come stola,
un raccordo anulare, un'intera fila alle poste
oppure la costiera amalfitana.
Si prende il nastro della merce scelta,
si ammorbidisce e si fa svolazzare,
si smussa e lei così lo può indossare,
vorrebbe lei per caso liquefare
un palazzo in cui l'innamorato sguazza
nel delirio, ridotto ad un cetaceo.
Si attiva un lanciafiamme,
un forno ad onde, oceanico,
un sesquipedale,
prospero per la pipa universale.
C'è da fare la spesa si fa,
da andare dal dentista ci si va,
e il trapanatore sarà un titillatore piumato.
Così come bambina, mancandole la esse,
lei diceva "Nettuno nettuno"
così gli dei sarebbero un intimo difetto di pronuncia.
C'è da fare una piazza, si fa:
si prende una balena con fontana inclusa e
traballanti cocomeri per occhi a tutti quanti,
ed alberi spioventi dalle orecchie.
E voci emerse sulla testa a delta
e i mignoli, gli eterni mignoletti,
suonati da pestanti martelletti.
Così lei, può passare di là
perché se c'è da fare
una cosa si fa.

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Cosa farà di nuovo
(Battisti-Panella)

 

Le quattro meno un quarto della notte,
il sonno se n'è andato all'improvviso,
si ferma il borbottio delle guanciotte
l'ombra è severa ma addolcisce il viso.
Cosa non farà più, cosa farà di nuovo,
cosa farà di meno,
seduta in mezzo al letto lei promette
cosa non farà più.
Cosa farà di nuovo, cosa farà di meno,
con un leggero margine d'incerto,
con la sincerità di tutto il cuore
leggero, pesante, volubile. Crede le dolcezze
sono come
le amarezze:
pesi falsi senza pietà.
È una misericordia, un'operetta pia
considerare adesso con che garbo
ha piegato, ripiegato e messo via
il maglioncino su un bracciolo, un gambo.
Cosa che rifarà, che rifarà di nuovo,
non sa se più, se meno,
seduta in mezzo al letto nel rispetto
timido che ha di sé.
E le dolcezze sono,
son come le amarezze
con un cordiale ed umile sospiro
si sente sangue del suo stesso sangue
e corpo del suo corpo in un bel giro
d'edera intorno a sé,
con strette blande,
non si resiste più
e non è più questione tra il giulivo e il triste.
Seduta in mezzo al letto lei promette:
cosa non farà più,
cosa farà di nuovo, cosa farà di meno,
con un prudente margine d'incerto.
Le tre e quarantacinque della notte,
il sonno se n'è andato all'improvviso,
le dolcezze sono come le amarezze:
strette blande senza pietà.
Nella notte, sonno sperso,
ombra austera, caro il viso,
con che garbo,
con che umile sospiro:
cosa non farà più,
cosa farà di nuovo,
cosa farà di meno.

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